
Reati impressionanti, fatti inauditi e inqualificabili. In Italia per la prima volta un’intera caserma è stata sequestrata e i carabinieri arrestati dopo che le intercettazioni hanno rivelato il sistema criminale capitanato dall’appuntato Giuseppe Montella.
“Non c’è stato quasi nulla di lecito in quella caserma”, ha detto il procuratore capo, Grazia Pradella aggiungendo poi che “gli illeciti più gravi contestati sono stati commessi in pieno lockdown con disprezzo delle più elementari regole di cautela” disposte dal governo”
In un chiesta solidissima, le intercettazioni contenute nell’imponente ordinanza di 900 pagine sembrerebbero confermarlo, i carabinieri si sarebbero resi protagonisti di pestaggi, arresti illegali, festini con escort, traffico e spaccio di stupefacenti, ricettazione, estorsione, tortura, lesioni personali, peculato, abuso d’ufficio e falso ideologico. I reati sarebbero stati commessi a partire dal 2017.
Tutto è partito da un carabiniere che, durante una testimonianza alla polizia locale per un’altra inchiesta, aveva fatto riferimento a dei fatti accaduti alla “Levante” e che gli erano stati raccontati da un uomo picchiato dai carabinieri. Uno di loro era stato riconosciuto e, scrive Repubblica, «individuato nel corso di un’altra indagine per droga, a bordo di un’auto con alcuni spacciatori al casello di Milano sud in piena chiusura da Coronavirus. A quel punto sono scattate le intercettazioni telefoniche che hanno rivelato una realtà raccapricciante».
Le Intercettazioni «Siamo irraggiungibili»
«Ho fatto un’associazione a delinquere ragazzi (…) abbiamo fatto una piramide: sopra ci stiamo io, tu e lui… ok? (…) siamo irraggiungibili» dice uno degli arrestati in una conversazione in auto spiegando anche il loro modo di agire: «Questa persona qua va tutti da questi gli spacciatori e gli dice (…) “Guarda, da oggi in poi, se vuoi vendere la roba… vendi questa qua, altrimenti non lavori!” e la roba gliela diamo noi! (…) quindi è una catena che a noi arriveranno mai!!». «Hai presente Gomorra? (…) guarda che è stato uguale (…) Tu devi vedere gli schiaffoni che gli ha dato»,
Nella caserma Levante c’era anche un giovane militare che nei colloqui intercettati con il padre esprimeva «tutta la delusione per essere finito a lavorare in un ambiente in cui vengono costantemente calpestati i doveri delle forze dell’ordine»
Il maresciallo R.B. è descritto da due dei carabinieri arrestati come una persona «dall’atteggiamento solitario, che non fa gruppo». È l’ultimo arrivato alla caserma Levante , i colleghi «capeggiati» da Beppe Montella lo tengono ai margini. Il giovane spesso si confida con il padre (un carabiniere in pensione) a telefono e si lamenta dell’operato dei colleghi, rivela il Corriere: “si lamenta dello scarso rispetto delle regole all’interno della caserma. Dei colleghi che, quando sono assegnati a compiti specifici si rifiutano di uscire (come il presidio del carabiniere di quartiere) o falsamente attestano servizi mai svolti. Dalle carte però non emerge né che il maresciallo fosse a conoscenza di tutti gli illeciti commessi, né tantomeno di sue volontà di denunciare. Lo si comprende nel momento in cui una vittima di un pestaggio (e del furto del telefonino) da parte della squadra di Montella si presenta in caserma per protestare e riavere il cellulare. A riceverlo alla porta è lui, in funzione di piantone.. La vittima prova a spiegargli gli abusi subiti e — si vede dalle riprese delle telecamere piazzate dai finanzieri — gli mostra i segni sul collo delle percosse subite. Il maresciallo a quel punto però avvisa Montella e soci della presenza dell’uomo e di rientrare. Durante le indagini non emerge alcun suo coinvolgimento nelle azioni illecite. Piuttosto viene tenuto e si mantiene ai margini. Quando si confida con un collega gli viene spiegato: «Sei appena uscito alla scuola, imparerai le cose….». Il giovane militare si sfoga invece con il padre e dice di non condividere assolutamente le violazioni compiute dai compagni di caserma : «Molte cose le fanno le cose a umma a umma, non mi piacciono» – ripete più volte al genitore -. Se lo possono permettere perché portano a casa gli arresti. Io non sono né carne, né pesce, non so come comportarmi».
Oggi gli inquirenti si aspettano che almeno alcuni dei carabinieri arrestati possano collaborare con le indagini.
“Non hanno molte alternative”, fa notare un investigatore. L’inchiesta è solidissima, agli atti ci sono migliaia di pagine tra intercettazioni telefoniche, fotografie e captazioni ambientali. La collaborazione è poi l’unica strada tracciata dal comando generale che ha fatto partire anche un’inchiesta interna, parallela a quella della procura di Piacenza e dei magistrati militari.
Hanno pianto perché “non immaginavamo di arrivare a questo punto”, noi “non abbiamo mai intascato un euro”. Hanno pianto, probabilmente, perché per la prima volta era chiaro come un’altra storia, tremenda, fosse appena cominciata nella loro vita.
Per questo oggi gli inquirenti si aspettano che almeno alcuni dei carabinieri arrestati – Angelo Esposito, Salvatore Cappellano, Daniele Spagnolo, Giacomo Falanga – possano negli interrogatori di garanzia decidere di collaborare con le indagini. E raccontare tutto quello che sanno sulla caserma Levante.