Coronavirus, il nord si scopre vulnerabile

di Enzo Latronico
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Quelle che, neanche tanto tempo fa, erano giornate scandite dal suono delle campane mattutine e della messa, oggi sono giornate scandite dalle sirene delle ambulanze. Sirene cariche di paura, ma sempre presenti e pronte anche nelle peggiori delle situazioni. Questo virus non concede un momento di tregua, nemmeno ora che i contagi sembrano diminuire, anzi, è questo il momento più pericoloso, quello dove non ci è concesso abbassare la guardia.

Da una parte le sirene delle ambulanze fanno la conta di chi viene soccorso, dall’altra, il nostro quotidiano locale “Libertà” fa la conta dei morti, una media di 25 al giorno a partire dai primi giorni di marzo. Piacenza è una realtà di provincia, una città a 60 chilometri da Milano, in piena “zona rossa”, alla stregua di Bergamo, che in qualche modo, con caparbietà e sacrificio, sta sopravvivendo. Restrizioni come da DPCM, code ai supermercati, autocertificazioni, negozi chiusi a parte gli alimentari, come nel resto d’Italia, come nel resto d’Europa eccezion fatta per qualche “(in)cosciente” leader che a certe condizioni proprio non ci vuol stare.

Per alcuni la salute evidentemente non è al primo posto, più importante cercare disperatamente di evitare la catastrofe economica. La verità è che ci sentiamo un po’ tutti abbandonati ed è inutile dissimulare con finte approvazioni di causa. Siamo vittime di una legislazione di emergenza che si è palesata priva di contenuto e inadeguata sotto ogni profilo, espressione di una assoluta incapacità di prevedere gli sviluppi e le conseguenze di questa emergenza. Tutto avrebbe dovuto essere “congelato”, non solo la libera circolazione delle persone. 

Mutui, finanziamenti, affitti, bollette, fiscalità, con previsioni di sostegno immediato per i redditi più bassi. Un’istantanea al 23 febbraio, fino alla fine dell’emergenza. A bocce ferme, dopo un’attenta valutazione dell’impatto economico, lo stanziamento di aiuti concreti ed efficaci per consentire al Paese di ripartire. Invece, mentre noi siamo prigionieri nervosi e insofferenti di questo virus, le nostre finanze continuano incessantemente ad essere erose. Quanto potrà durare? La previsione di stanziamenti alle banche per consentire un più agevole accesso al credito a chi ne avrà bisogno è chiaramente una speculazione finanziaria in danno alla collettività produttiva.

Ci indebiteranno ancor di più, con insostenibili interessi, per favorire quel meccanismo speculativo che già da tempo ci aveva ridotto allo stremo delle forze. Siamo certamente fuori dagli equilibri di potere e qualcosa probabilmente ci sfugge, ma forse il rischio di passare dall’emergenza sanitaria alla guerra civile è reale. Del resto questo virus è stato capace di sovvertire gli ordini costituzionali e di farci precipitare in uno spazio-tempo dal quale al momento è difficile immaginare di uscire senza il contributo di tutti, ma così non è. Oggi, 11 aprile 2020, le strade qui a Piacenza, ma leggo in molte altre località, specie di villeggiatura, erano piene di gente, quasi la Pasqua potesse mettere una pausa alle restrizioni e renderci di nuovo padroni della nostra libertà di movimento e di partecipazione, il prezzo da pagare sarà quello pesante di nuovi contagi e altri inquietanti decessi, proprio quando con un po’ di paziente diligenza forse potevamo cominciare a sperare. Il nord così efficiente e produttivo, così feroce nell’affermare la propria volontà di non arrendersi, mostra tutta la sua fragilità, dilaniato fra la necessità di far quadrare i bilanci delle aziende e tutelare la sua cittadinanza.

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