Dopo la crisi un nuovo Rinascimento. Idee e proposte per il rilancio del Paese

La crisi determinata dalla pandemia Covid 19, sicuramente la più grave a livello mondiale del terzo millennio, può e deve – essere sicuramente una occasione non solo per riflettere sulla caducità della condizione umana ma, soprattutto, una opportunità per iniziare a rigenerare modelli sociopolitici ormai vetusti, in antitesi a qualsiasi pretesa di modernizzazione (reale, non quella sbandierata dai politici) del Paese; una opportunità che, simile a quella determinata dalla fine del secondo conflitto mondiale, possa creare le condizioni per un autentico nuovo “Rinascimento”.
Ecco alcune proposte per un nuovo modello di Italia Paese su cui riflettere e far riflettere:
Aiuti alle imprese SE aiutano i lavoratori.
Il post coronavirus deve essere incentrato sulla ripresa dell’economia e del lavoro. Come fare? Ridurre la pressione fiscale sulle aziende, predisporre importanti sgravi fiscali per un periodo di almeno 12 mesi, che permettano agli imprenditori di recuperare in parte quanto perso nei mesi di chiusura e ripartire. Ma al contempo, questi provvedimenti dovranno viaggiare insieme con un incremento di assunzioni nei confronti di chi non lavora o ha perso il lavoro a causa dell’emergenza. Come incentivare le aziende ad assumere e regolarizzare i lavoratori, in un momento così difficile? Facendo camminare di pari passo sgravi ed assunzioni. Un percorso che permetta di ridurre la disoccupazione e la pressione fiscale. Le imprese che assumono avranno diritto a un bonus sulla contribuzione per un periodo di 3 anni per il tempo determinato, di 5 per i nuovi contratti a tempo indeterminato. E’ evidente che non dovranno e non potranno essere previsti limiti di età che prevarichino la reintroduzione nel mondo del lavoro a chicchessia, che si tratti di un ventenne piuttosto che di un cinquantenne. Tutti dovranno essere messi nella condizione di lavorare e vivere dignitosamente.
Lavoro nero e crisi occupazionale al Sud.
Il grave problema che sta emergendo prepotentemente e che forse fino ad oggi non è stato adeguatamente attenzionato, riguarda i lavoratori in nero. Sappiamo bene che spesso, al netto dei furbi che hanno interesse a non far risultare alcun reddito per accedere ad altri sussidi, la stragrande maggioranza dei lavoratori sono costretti ad accettare questo tipo di situazione, senza diritti né futuro. Ribellarsi a questa logica assurda vorrebbe dire perdere quella piccola entrata che garantisce la sopravvivenza. Lo Stato ha il dovere di schierarsi a fianco di questa larga fetta di popolazione che non ha gli strumenti per difendersi e che, come tutti, ha diritto a vivere. Il solo modo per tentare di smantellare questo sistema tutto italiano e particolarmente sviluppato nel meridione, è supportare quei cittadini che intendono ribellarsi e sostenerli concretamente. In che modo, prevedendo un aiuto economico per quelle persone che denunciano comportamenti di questo tipo all’interno delle aziende. Multare il titolare dell’impresa, posticipando la riapertura dell’attività solo in seguito al pagamento dell’ammenda che equivale al trattamento economico per un anno del dipendente che ha subito l’abuso, compresi i versamenti contributivi (secondo il contratto collettivo nazionale). Questi fondi dovrebbero essere versati alle casse dello Stato che celermente si impegnerebbe a riconoscere quella cifra al lavoratore che potendo usufruire anche della Naspi, avrebbe una buona entrata che gli permetterebbe sia di vivere che di avviare una propria attività e si punirebbe chi lucra sulla pelle della gente. Se non paghi, non puoi riaprire. Riteniamo che non sarebbero in molti a rischiare di ritrovarsi in condizioni simili e probabilmente i contratti regolari aumenterebbero.
Mutui prima casa
Prevedere un periodo di “recupero” del debito accumulato in seguito alla perdita del lavoro o della riduzione della capacità economica, senza interessi e senza possibilità che la banca possa negare la procedura. Il debito accumulato verrà spalmato in un periodo di 24 mesi per permettere il ripristino delle casse familiari e un assestamento delle entrate e solo al termine del rientro del debito pregresso si potrà ripristinare il normale ammortamento delle rate.
Partite iva e professionisti
Sospensione per un periodo di 12 mesi di tutti i versamenti previdenziali al fine di consentire la ripartenza di quelle categorie che a causa della crisi hanno dovuto sospendere l’attività. Riduzione del 50% sul pagamento di tasse comunali per quelle attività che hanno una sede legale sul territorio.
Reddito di Cittadinanza e welfare
Accorciare l’iter burocratico per l’accesso al sussidio, prendendo ad esame i sei mesi precedenti la presentazione della domanda. In caso di perdita di lavoro o se il singolo lavoratore ha subito una perdita economica di almeno il 25% nel periodo in esame e in assenza di sussidi di altro genere, si potrà accedere al beneficio attraverso l’Isee corrente che certifichi quanto dichiarato. Bisognerà basarsi sul reddito personale e non familiare, per garantire l’indipendenza e la libertà degli individui.
Al contempo dovrà essere attivato in modo capillare il percorso di reinserimento lavorativo che consenta alle casse dello Stato di supportare il cittadino in difficoltà per un periodo non superiore al 12 mesi, garantendo uno snellimento dei percorsi e una riduzione del tasso di disoccupazione.
Comunicazione
Ogni cittadino dovrà essere messo nelle condizioni di poter comunicare e informarsi. In questo lungo periodo di quarantena abbiamo ancor più notato come le comunicazioni e la possibilità di fare rete si siano rivelate utili. Per questa ragione sarebbe opportuno che lo Stato, in accordo con le principali compagnie telefoniche, mettesse tutti nella condizione di poter “comunicare” e non restare isolato. Come? Stabilendo un prezzo fisso e alla portata di tutti per accedere ad internet senza limiti (sul modello accolto dalle principali compagnie telefoniche nei giorni che abbiamo trascorso a casa). Chi vorrà usufruire di servizi extra e/o modelli di connessione più performanti, lo farà aderendo alle innumerevoli proposte che il libero mercato mette a disposizione.
Deburocratizzazione
La semplificazione dei processi burocratici deve essere realizzata concretamente. L’esperienza ci insegna che la burocrazia in Italia, con tutti quei processi farraginosi e poco efficaci, è una “zona nera”, un muro dove muore il buonsenso e qualsiasi pretesa di innovazione del modello statale. Persino in tempi di emergenza, di crisi, la burocrazia, grazie a un sistema di leggi e di norme da rivedere radicalmente, ha continuato ad esercitare il suo potere nefasto impedendo ai vari soggetti preposti ad organizzare al meglio le strutture e i sistemi per arginare gli effetti devastanti del virus. Il tutto giustificato da norme che se sulla carta avrebbero dovuto costituire un argine e un controllo sulla regolarità di affidamenti e gestione dei servizi, nei fatti non solo non hanno impedito l’infiltrazione del malaffare, ma hanno rallentato in modo criminale tutto il sistema degli interventi.
Semplificare, rendere accessibili al cittadino/utente tutti i servizi, renderlo informato in modo semplice e chiaro (eliminando il burocratese perverso delle circolari e delle note) dei vari processi di attuazione dei vari iter, fornire tutti strumenti e applicazioni efficaci e veloci per monitorare le pratiche, potenziare i server dei principali siti statali di servizio (vedi il caso Inps); e ancora, fedeli al principio del tempo come valore, assegnare ai funzionari e dirigenti degli obiettivi da raggiungere introducendo, per legge, il principio della responsabilità individuale.
Non è pensabile che un utente, un cittadino che ha inoltrato una richiesta presso la Pubblica amministrazione debba ancora oggi attendere tempi che superino le 72 ore per ricevere un esito. E’ contro la storia che ancora oggi nel nostro Paese si debba procedere con modelli di decreto che devono essere interpretati continuamente, o modificati da altri decreti che, a loro volta, possono essere oggetto di libera lettura o ulteriori interpretazioni. Il nostro è ancora un Paese pre-moderno, la digitalizzazione è solo uno slogan avveniristico.
Cultura
Cosi come proposto dal regista Pupi Avati, supportato dall’ANAC, restituire al servizio pubblico televisivo la funzione di promuovere la cultura nel nostro Paese. La televisione, senza rinunciare alla sua funzione di intrattenimento popolare, deve tornare ad essere un incubatore di proposte in cui declinare i valori dell’umanesimo, della scienza, del cinema, del teatro, della grande letteratura ispirandosi, sia pure in una chiave contemporanea, alla grande lezione della Rai di Bernabei grazie alla quale milioni di italiani furono parte attiva del processo di alfabetizzazione del Paese.
Un servizio moderno, che tenga conto dei nuovi modelli tecnologici, che metta al primo punto della sua agenda la qualità dell’offerta culturale, mixando eccellenza e innovazione, senza per questo rinunciare alla leggerezza e alla gradevolezza.
Sociale e Sanità
E’ importante rilanciare il tema del terzo settore, oggi in crisi, per alimentare quella rete di protezione sociale, di assistenza, oggi messo in crisi dall’assenza di risorse e dalla difficoltà a interloquire con il sistema pubblico. Rimodellare il concetto di Sociale unitamente al potenziamento del sistema sanitario nazionale, messo in crisi dai tagli scriteriati del passato e ridotto a un sistema di clientele politiche in cui primari, dirigenti, manager (sponsorizzati dal politico di turno) hanno creato dei piccoli feudi di potere che hanno bruciato risorse pubbliche e private, impedendo ai cittadini di potere contare su un sistema efficiente pronto ad arginare stati di emergenza.
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