Il governo italiano ha mostrato al mondo come assumersi le proprie responsabilità in una pandemia

L'Italia e la Svezia hanno scelto strategie Covid-19 molto diverse, ma entrambe sono state responsabili e trasparenti. Di Francesca Melandri  
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Se c’è mai stato un paese improbabile da designare come modello di civiltà collettiva, questa è l’Italia. La nostra terra è solitamente raffigurata come un bel posto la cui abbondanza di tesori naturali e culturali è affidata, ahimè, ai suoi abitanti disorganizzati, corrotti e indisciplinati.

Eppure tutti, in questi giorni, sembrano elogiarci a piene mani: il New York Times, il Financial Times, il Wall Street Journal descrivono come esemplare il modo in cui noi italiani siamo usciti dalla tragica fossa in cui ci trovavamo questa primavera, mentre infuriava il coronavirus e i convogli di camion militari dovevano essere dispiegati per trasportare le bare – erano tantissimi.

Sicuramente abbiamo fatto molta strada per essere descritti, come all’inizio della pandemia, come i soliti irresponsabili incompetenti per aver permesso che si verificasse un tale disastro, o per aver condannato a morte un’economia già malata terminale con un blocco ultra-rigoroso. Ora, un articolo sul sito Usa Foreign Policy presenta l’Italia in toni quasi mistici, come il Paese che “ha strappato la salute dalle fauci della morte”.

Cosa dobbiamo fare noi italiani con tutti questi elogi? È una sorpresa globale per il nostro comportamento collettivo lusinghiero o paternalistico? Soprattutto, il nostro orgoglio nazionale è sobrio per la consapevolezza che le cose sono ben lungi dall’essere finite.

Ora siamo in una situazione migliore rispetto a marzo, quindi abbiamo sicuramente fatto qualcosa di giusto, ma i numeri dell’infezione sono di nuovo in aumento. Affermare la vittoria su Covid-19 quando un vaccino è ancora fuori portata e l’inverno in spazi chiusi si avvicina, sembra un’arroganza. Ancora più straziante è il fatto che siamo ancora nel bel mezzo della pandemia per dire chi aveva ragione e chi torto, quale politica è stata la migliore, chi ha salvato più persone dalla bocca del mostro.

Prendiamo la Svezia, un paese che, a partire da oggi (sì, questa è una frase essenziale quando si naviga in una pandemia) è vista come un esempio di come le cose possono andare male quando non si attua un blocco. Per quanto io possa sentire con forza, come me, che il mio governo ha fatto qualcosa di estremamente giusto, anche coraggioso, nell’attuare un rigido blocco così presto, la dura verità è che non sappiamo ancora quale paese – l’Italia o la Svezia o qualsiasi altro – alla fine ne uscirà meglio quando ci troveremo dall’altra parte di questa orribile pandemia. È ancora troppo, troppo presto per poterlo dire.

Allora, noi italiani meritiamo questo elogio o no? La risposta breve è: sì, ma non per i motivi per cui tutti ci lodano.

Dobbiamo riconoscere che queste curve pandemiche sono solo dei fermi immagine di una situazione ancora molto in evoluzione: le uniche opinioni epidemiologiche degne di essere ascoltate sono quelle degli esperti del presente, ed eventualmente degli analisti del futuro, in un momento in cui sarà possibile un confronto completo. Ciò di cui noi, il grande pubblico, possiamo e dobbiamo parlare ora è la politica.

Quello che il governo italiano ha fatto bene, paradossalmente, è esattamente quello che il governo svedese ha fatto bene, anche se con strategie opposte: cioè, assumersi la piena responsabilità della propria politica sanitaria pubblica nell’affrontare il Covid-19.

Sia il governo italiano che quello svedese hanno seguito da vicino i consigli degli esperti. Entrambi, sulla base di questi consigli, hanno poi scelto la strategia che ritenevano più adatta al sentimento nazionale, alla cultura, alla storia politica e sociale. Entrambi i governi hanno comunicato questa strategia ai loro cittadini, e hanno detto come ci si aspettava che agissero.

Agli italiani, per esempio, è stato detto che dovevamo restare a casa. Non era un consiglio, era la legge. Se non si rispettava la legge, si veniva multati o si rischiava un processo. Credo che il motivo per cui gli italiani si sono attenuti per lo più senza protestare, in modo ordinato, sembra che tutti ne siano rimasti sbalorditi, sia per la responsabilità che il governo si è assunto nel dare queste istruzioni, così come lo è stato per i suoi errori (e ce ne sono stati molti). Per quanto riguarda la sua strategia, la Svezia si trova all’estremo opposto – ma dalla stessa parte dell’Italia se il divario non riguarda l’isolamento, ma i governi che si affidano ai consigli degli esperti per presentare le loro decisioni politiche al pubblico in modo responsabile e coerente, e quelli che non lo fanno.

Quindi la linea di demarcazione che traccerei guardando alle esperienze positive o negative, non riguarda né il numero di infezioni o di morti, né l’effetto devastante che tutto questo sta avendo sulle nostre economie: il Covid-19 è una maratona e non sappiamo se abbiamo raggiunto la metà strada.

La linea di demarcazione che traccerei è tra quei governi che si assumono la piena responsabilità delle loro azioni, e quelli che lasciano i loro cittadini in una nebbia di incertezza, e hanno una leadership inspiegabile.

E non parlo di paesi autoritari, ma di alcune democrazie occidentali che hanno dato ai cittadini istruzioni confuse e spesso contraddittorie. Non è necessario avere una laurea in storia o in politica per vedere come la mancanza di una leadership chiaramente votata al bene pubblico in tempi di profonda crisi apra le porte ai peggiori demoni della società – per non parlare della natura umana.

Viviamo in un mondo in cui il presidente della più grande potenza militare e, ad oggi, la sua più grande democrazia, si rifiuta di rassicurare i suoi cittadini sul fatto che concederà pacificamente la sconfitta se questo sarà il risultato delle prossime elezioni. In questo contesto, si guarda in una nuova luce ai governi che si assumono umilmente la responsabilità delle loro decisioni umanamente imperfette nel territorio inesplorato di una pandemia, fornendo istruzioni coerenti senza rifuggire dalle critiche.

La responsabilità e la trasparenza non appaiono più come la cornice esterna della democrazia in cui si collocano i dettagli politici più rilevanti. Ora le vediamo chiaramente come il tessuto stesso della democrazia. Qualcosa senza la quale tutto il resto – salute, società, pace, vita stessa – è in grave pericolo.

 

Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano britannico The Guardian

Di Francesca Melandri  

 

 

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