Il reddito di cittadinanza esclude i nuovi disoccupati. Ecco perchè

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Il reddito di cittadinanza, istituito con la legge di bilancio 2019 dal governo giallo-verde e regolamentato dal d.l. n. 4/2019 ed erogato a partire dall’aprile 2019, infatti, adotta per l’accesso al beneficio – tra le altre cose – il modello Isee (l’indicatore che serve per valutare e confrontare la situazione economica dei nuclei familiari) Come è ben noto il calcolo effettuato dall’Inps per il rilascio della suddetta certificazione, fa riferimento ai due anni precedenti, quindi se oggi facciamo richiesta di Isee, i redditi presi ad esame saranno quelli del 2017. Se due anni fa abbiamo lavorato e guadagnato uno stipendio medio di 900-1000 euro, non avremo diritto a niente o bene che vada (se in famiglia siamo tanti) a qualche spicciolo. Questa dinamica abbastanza illogica, ha scatenato numerose proteste da parte di chi, trovandosi oggi in un momento di difficoltà proprio per la “colpa” di aver lavorato fino a due anni fa, al momento attuale non può accedere ad alcun beneficio. Per questa ragione è stata emanata una direttiva che ha introdotto la possibilità di richiedere l’Isee corrente. Ma è davvero una soluzione? No e vediamo perché.

Mentre come abbiamo detto il modello isee prende ad esame i redditi dei due anni precedenti, con l’isee corrente possiamo autocertificare i redditi di un anno prima. Ma attenzione a non incorrere nell’errore che purtroppo ha illuso molti attuali disoccupati. Con l’isee corrente verranno certificati i redditi del 2018 – non dell’ultimo anno e dunque del 2019 – cioè un anno deve essere calcolato a partire dall’ultima certificazione. A questo punto ci ritroveremo in possesso di un isee che certifica i nostri redditi del 2017, di un isee corrente (che potremo richiedere solo se la differenza tra quanto guadagnato nel 2017 e nel 2018 sarà di almeno il 25% in meno) che certificherà i redditi del 2018, ma non sarà possibile in nessun modo ottenere una fotografia reddituale attuale. Quindi, una persona che per qualsiasi ragione si sia trovata a perdere il lavoro nei mesi scorsi o che lo perda domani, non avrà alcuna possibilità di accesso al Reddito di cittadinanza, non avrà diritto al sostegno che gli potrebbe permettere di sopravvivere in attesa di trovare una nuova occupazione.

Sostanzialmente, non avrà niente.

Bisognerà attendere la fine del 2019, richiedere un nuovo Isee, che andrà a certificare i redditi del 2018 e successivamente richiedere un isee corrente che andrà a dimostrare l’assenza di reddito nell’anno 2019.

Nel frattempo si potrà sempre vivere d’aria o indebitarsi fino al collo.

Di fatto, così come è strutturato, il Rdc è stato percepito con estrema facilità e al 100%, da chi non ha mai lavorato (se non in nero) o da chi ha effettivamente lavorato, ma percependo un salario molto basso (in questo caso è stato concesso il beneficio ma in modo parziale).

In tantissimi si sono ritrovati invece nella condizione di ritrovarsi improvvisamente senza un lavoro ed essere tagliati fuori da tutto e dopo un’inutile e illusoria corsa ai Caf, si sono resi conto con amarezza di essere disarmati e di non avere alcun paracadute. Le illusioni si sono schiantate al suolo.

Il sistema attuale non è per niente paragonabile agli strumenti di sostegno al reddito e di supporto al cittadino in difficoltà, utilizzati negli altri paesi europei. Altrove, infatti, se il cittadino si trova in difficoltà viene supportato, anche economicamente, dal proprio Stato senza rimanere invischiato tra le maglie di una burocrazia farraginosa e soprattutto senza dover subire un danno perché ha sempre lavorato.

In Germania esiste l’assegno sociale per i pensionati bisognosi e un sostegno per i disoccupati, cui si aggiungono aiuti per l’affitto e il riscaldamento e indennità per disabili, genitori soli, donne in gravidanza e aiuti per ogni figlio. C’è anche l’Arbeitslosengeld II, sussidio mensile destinato a chi cerca un lavoro o ha un salario basso che garantisce intorno ai 400 euro al beneficiario con supplementi se nel nucleo familiare sono presenti figli. In Danimarca è adottato il modello dell’assistenza sociale che prevede il riconoscimento a chi ha compiuto 25 anni di 1.325 euro (l’aiuto per l’affitto è a parte) e 1.760 per chi ha figli.  In Francia l’aiuto dura 3 mesi, è rinnovabile e cresce con l’aumentare del numero dei figli. Il beneficiario deve dimostrare di cercare un’occupazione e di partecipare a programmi di formazione. L’importo del beneficio diminuisce con l’aumentare del reddito da lavoro. In Belgio è previsto un assegno pari a 910,52 euro per chi vive da solo, 607,01 euro per chi convive, 1.214,02 euro per le famiglie con bambini. La misura non è sottoposta a limiti di tempo, ma sono previste delle verifiche periodiche per confermare la sussistenza dei requisiti. Nei Paesi Bassi, ai singoli viene erogato un contributo mensile massimo di 617 euro, mentre alle famiglie sposate o di fatto con o senza figli 1.234 euro. Nel Regno Unito il reddito minimo è garantito solo previa verifica del reddito dei richiedenti. Per gli iscritti nelle liste di disoccupazione è previsto un aiuto specifico purché il candidato si rechi ogni due settimane in un Jobcenter e dimostri che sta cercando attivamente un impiego. Lo Stato aiuta anche chi deve pagare l’affitto e ha figli. L’income support parte da 57,90 sterline a settimana e può arrivare sino a 114,85 sterline. In Irlanda c’è il Supplementary Welfare Allowance, 800 euro per i single, 1300 euro per le coppie senza figli, 1400 euro per le coppie con un figlio, 1600 euro per le coppie con due figli e 1700 euro per le coppie con tre figli.

E’ chiaro che ogni Stato ha la propria economia e una possibilità di stanziamento diversa, anche se un buon welfare dovrebbe essere al centro dell’azione di ogni governo, così come un contrasto attivo e reale alla povertà, la reintroduzione nel mondo del lavoro di chi ha perso l’occupazione e l’inserimento lavorativo per i giovani. Tutto questo oggi in Italia è ancora un miraggio e la speranza che le cose possano cambiare offrendo ai cittadini una nuova prospettiva e perché no, qualche speranza, è davvero molto fievole. Oggi chi è in difficoltà è solo, non ha certo la percezione di poter essere supportato o sostenuto. E questa cosa non è degna di un Paese civile.