In Toscana rinasce un borgo dove la morte insegna a vivere

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“Cerco un giardino dove morire” recitava un’aria di un’opera classica contemporanea. E poiché il vivere e il morire sono in stretta relazione, ecco che l’idea di ridare vita a un borgo abbandonato e trasformarlo in un Hospice in cui si possa assistere con la medicina e la meditazione i malati terminali è davvero eccezionale. Il borgo si chiama Mezzana, si trova in Toscana tra le montagne pratesi, contrappuntato dalle trame boschive della Valbisenzio. Una città fantasma abbandonata da molti anni che, grazie a un progetto della Comunità dei Ricostruttori nella preghiera in collaborazione con il Comune di Cantagallo e la Regione Toscana, oggi si sta trasformando in una “città della gioia”, per citare il famoso romanzo di Dominique Lapierre, in cui tra i miseri villaggi di Calcutta dove regnavano la miseria e la morte ecco che improvvisa arriva la vita preceduta da un intenso raggio di sole.

A Mezzana gli ammalati passeranno gli ultimi giorni di vita immersi nell’armonia dei boschi e dell’amore, ma non è solo questo. Nel borgo si praticheranno le arti, i mestieri, la musica, il teatro, l’artigianato insomma tutto quello che restituisce un senso di bellezza e di profondità alla vita. Tutto questo grazie al lavoro di tanti volontari, all’apporto di prestigiosi testimonial e, soprattutto, all’impegno della Comunità dei ricostruttori, guidati da Padre Guidalberto Bormolini che ha curato la redazione del progetto e si è impegnata per la ricerca dei fondi per la sua realizzazione concreta.

Il progetto di villaggio eco-sostenibile è partito nel 2015, con la partecipazione a un bando del Comune di Cantagallo per l’acquisto del terreno di Mezzana che comprendeva dodici ruderi da ristrutturare. E’ qui che sorgeranno la “Casa del grano” e la “Casa delle arti”, strutture dotate di salette per la meditazione e di altri spazi per laboratori e attività culturali, in linea con una filosofia che ha come punto di riferimento il rispetto della persona umana nella sua integralità. Non solo cure palliative quindi, ma un modello – il primo in Europa – di comunità spirituale che rifonda antichi valori in perfetta adesione con una visione neo umanistica oggi particolarmente sentita. Tenuto conto delle condizioni del borgo, si è dovuto procedere alla messa in sicurezza degli edifici pericolanti oltre che alla disinfestazione e pulizia del terreno. Prima di iniziare i lavori di ricostruzione si è proceduto agli scavi per posare i tubi d’acqua, allacciare l’energia elettrice e portare la luce al villaggio collocando anche una cisterna. Il piano urbanistico è stato affidato allo studio di Architettura Tinazzi e Bormolini e comprende la direzione dei lavori, i rilievi urbanistici e le progettazioni specialistiche. Successivamente è stata realizzata una tettoia agricola per riparare il cantiere dalle intemperie, e subito dopo proceduto al completamento della rete dei servizi: rete interna di acquedotto, la rete per portare la corrente elettrica nelle case e gli scarichi e le vasche per la fitodepurazione per potere smaltire in modo ecologico le acque di scarico.

Mezzana non sarà certamente un ghetto dove trascorrere gli ultimi giorni di vita. Niente di tutto questo. L’idea forte è quella di dare un senso alla propria esistenza, accompagnati non solo da equipe sanitarie specializzate che opereranno in strutture di alta tecnologia, ma soprattutto da una rete di operatori culturali e spirituali che sosterranno il valore della vita come occasione per sperimentare e sperimentarsi. Per questo motivo tutto è stato pensato e realizzato con una visione universale che comprenda tutti gli aspetti del vivere, dando priorità a tutte quelle attività che hanno un ruolo decisivo nella formazione umana. Il borgo offrirà un tessuto di vita e di socialità, aperto non solo ai credenti e oltre l’appartenenza alle fedi, dove realizzare convegni, seminari, iniziative culturali ed eventi, spazi per la formazione, insomma tutte quelle azioni virtuose che hanno lo scopo di costituire una socialità creativa. Contemplare il senso della morte sicuramente, ma senza trascurare che “tutto è vita”.

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