La canzone d’autore compie 50 anni. L’ha chiamata così Enrico De Angelis.

0
2418
img-2

Venerdì 13 dicembre a Roma un incontro – spettacolo per ricordarla.

Era il giorno dopo la strage di Piazza Fontana, era il 13 dicembre 1969 quando apparve un articolo sul quotidiano L’Arena di Verona e in quell’articolo si usava per la prima volta il termine Canzone d’Autore. Ascriverlo un giovane Enrico De Angelis, appassionato delle canzoni di Paoli, Tenco, De André. Chissà come gli sarà venuto fuori, ma era il termine giusto, che probabilmente andava coniato prima, perché la canzone d’autore era già in essere grazie ai nomi che gravitavano attorno alla Dischi Ricordi, grazie a Nanni Ricordi che li aveva messi sotto contratto. Grazie a Gaber, Jannacci, Paoli, Endrigo, Tenco. Serviva una definizione e De Angelis la butta lì, in testa all’articolo che, guarda caso, si occupa di Luigi Tenco, che già non c’era più. Così, quando Amilcare Rambaldi si mette in mente di creare una rassegna musicale in onore e alla memoria di Luigi, la prima questione da risolvere prima di stampare i manifesti è quella del nome. Come la chiamiamo questa rassegna del Club Tenco? Canzone d’autore la vince su Canzone d’arte e per tanti anni a seguire sarà lo stesso Enrico De Angelis a guidare le fila del Premio Tenco in qualità di Direttore Artistico.

Ora, a 50 anni di distanza, giornalisti e operatori hanno deciso di ricordare quella data e venerdì 13 dicembre alle ore 21 presso Officina delle arti P.Pasolini ci sarà un incontro-spettacolo con la partecipazione dello stesso De Angelis e degli artisti Lucilla Galeazzi, Pino Marino, Raffaella Misiti, Alessandra Casale, Pino Pavone, Piji, Tetes De Bois, Carlo Valente e Tosca. Ingresso libero fino esaurimento posti. Sempre disponibile a chiarire ogni domanda sull’argomento, Enrico De Angelis fa il punto su quello che ancora oggi significa Canzone d’Autore.

Partiamo da quella foto, unica e irripetibile. Chissà quanti l’hanno invidiata per essere stato lì a quel tavolo con tutte quelle celebrità. In che contesto è stata fatta?

Si tratta di una cena organizzata dal Club Tenco, ma non nell’ambito della Rassegna. Si tratta di una richiesta che ci fece la Rai per raccogliere persone competenti allo scopo di registrare un programma tv sul nostro tema; per la precisione il programma era uno speciale del TG1, si intitolava “Niente da capire?”, gli autori erano Nino Criscenti e Luciano Teodori. La cena si tenne al ristorante “La Vecchia” di Dolceacqua il 28 novembre 1981. La foto che circola fu scattata da mia moglie Alba Avesini, e sono visibili da sinistra il sottoscritto, Roberto Vecchioni, Francesco Guccini, Amilcare Rambaldi, Sergio Bardotti, Renzo Arbore, Arrigo Polillo, Sergio Endrigo, Pippo Barzizza, Pierangelo Bertoli, e Daria Colombo (moglie di Vecchioni e oggi scrittrice). Quella sera c’erano anche, non visibili nella foto, Gino Paoli, Claudio Lolli, Nico Orengo, Bonvi, Guido De Maria e altri. Il programma andò poi in onda nel 1982, integrato con altri servizi, e di quella cena rimasero solo pochi frammenti. La canzone d’autore è andata via via cambiando.

Ci sono artisti che hanno determinato questi cambiamenti più di altri?

Partiamo da un presupposto: la canzone d’autore non è un “genere musicale”. E’ un’impostazione trasversale che può realizzarsi con qualunque linguaggio musicale. Quindi negli anni ha effettivamente conosciuto varie forme. Se il primo stile, a partire da Modugno, è stato quello “francese”, a metà anni ‘60 Guccini e Dalla hanno recepito l’influenza della musica americana, il folk, il blues, il rock. La svolta ulteriormente dylaniana e visionaria l’hanno data De Gregori & c nei primi anni ‘70. Ho citato Modugno, ma Modugno è importante anche per aver impresso contemporaneamente, fin dai primi anni ‘50, un forte legame tra la canzone d’autore e la nostra tradizione popolare, filone che si è poi sviluppato negli anni ‘70 col movimento del folk-revival (un nome per tutti: la Nuova Compagnia di Canto Popolare), quindi con la svolta storica di Crêuza de mä, e infine negli anni ‘90 con i gruppi vicini alla world music (un nome per tutti: i Mau Mau). Nel frattempo un’altra corrente, per esempio, è nata sull’onda dell’influenza di Paolo Conte e di Tom Waits; primeggiava in questo Capossela, che però poi ha avuto la genialità di trasformare quelle ascendenze in una personalità tutta sua, specifica. Un altro cambio di stile l’ha segnata gente come David Riondino o Freak Antoni, nello sdoganare una moderna canzone umoristica e satirica, meritevole di attenzione. E così via…

Negli anni 70 il pubblico si era molto orientato verso i gruppi pop che hanno nella maggior parte dei casi messo in risalto l’aspetto della musica più che delle liriche. Ricordi qualcuno di questi che invece merita interesse anche dal punto di vista dei testi?

Assolutamente sì. I Jumbo, il Banco, la Pfm, il Canzoniere del Lazio, e, su un fronte un po’ diverso, gli Stormy Six o l’Ensemble Havadià di Moni Ovadia. Che questi gruppi abbiano applicato a dei buoni testi delle musiche più articolate, più ricche, più creative rispetto a quelle di molti cantautori (una certa parte, mica tutti!), è solo un titolo di merito che qualifica ancor più il concetto di “canzone d’autore”. Naturalmente poteva e può verificarsi l’eccesso opposto: che una certa ricchezza musicale non si sposasse con testi di spessore, e allora l’idea di “canzone d’autore” non si configura più…

Da tempo, ma recentemente ancor di più, sono entrati a far parte della canzone d’autore anche artisti che praticano la Trap o ancor prima il Rap. Questi artisti possono far a meno di conoscere la storia della canzone d’autore?

Non credo. La memoria, il bagaglio culturale che ci portiamo dietro, anche in fatto di musica come in qualunque altra disciplina, sono necessari per innovare, per guardare avanti.

Quando si pensa a canzone d’autore vengono in mente artisti come De André, De Gregori e Guccini, ma volendo fare qualche nome tra le nuove leve?

Volentieri. Non sono proprio “nuovi”, ormai, ma penso a Brunori, Dente, Mannarino, Dimartino, Motta… Più ancora da tener d’occhio, Giovanni Truppi, Gianluca Secco, Alfina Scorza, Vanessa Tagliabue Yorke, Ivan Talarico… Penso anche a tutte le eccellenti cantautrici che vengono fuori dal Premio Bianca d’Aponte. Di buoni talenti giovani ce ne sono tanti, ve l’assicuro, solo che restano nascosti: bisogna aver voglia di cercarli, ovunque, come io e certi miei collaboratori abbiamo sempre fatto quando operavamo nel Club Tenco.

 

Giordano Casiraghi

Leave a reply