La Corte europea condanna l’Italia: troppi ritardi nei pagamenti alle imprese

Italia lumaca nei pagamenti alle imprese. Ennesima condanna della Corte di Giustizia Europea.
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Arriva l’ennesima condanna per l’Italia da parte della Corte di Giustizia della Unione Europea. Questa volta i giudici hanno stigmatizzato i ritardi della pubblica amministrazione nei pagamenti alle imprese private, ritardi che costituiscono una netta violazione della direttiva comunitaria del 2011 che, come è noto, impone agli enti pubblici di pagare entro 30 giorni (che diventano 60 per gli enti del servizio sanitario nazionale).

La Commissione europea, già nel 2017, aveva aperto una procedura di infrazione contro il nostro Paese, per poi deferirlo alla Corte, che ha successivamente constatato la violazione oggi oggetto della condanna. Secondo i dati del 2017, il tempo medio di pagamento, come ha reso noto la Ragioneria generale, era di circa 58 giorni. Stando invece a rilevazioni più aggiornate da parte del Tesoro (fine 2018), il tempo medio di liquidazione sarebbe sceso a 46 giorni, 35 per i comuni. Nel 2019 è subentrata la norma europea che per gli appalti prevede il pagamento entro 30 giorni dall’adozione di ogni stato dei lavori, mentre è stabilito solo in casi eccezionali che si possa fissare un termine diverso che comunque non può essere superiore ai 60 giorni.

Nel tempo diversi operatori economici italiani, sia in forma privata che attraverso le associazioni di riferimento, hanno rivolto diverse denunce in merito ai  tempi eccessivamente dilatati con cui le pubbliche amministrazioni italiane saldano le fatture, proponendo un ricorso dinanzi alla Corte. Roma si era giustificata sostenendo che la direttiva 2011/17 impone unicamente di garantire termini massimi di pagamento conformi e di prevedere eventuali interessi di mora e risarcimento dei costi di recupero. Inoltre l’Italia, a propria difesa, ha sostenuto che “le disposizioni della direttiva non impongono agli stati membri di garantire l’effettiva osservanza, in qualsiasi circostanza, dei suddetti termini da parte delle Pubbliche Amministrazioni”. Questa tesi è stata però rigettata dalla Corte che, pur riconoscendo che la situazione dei ritardi di pagamento in Italia è in via di miglioramento, ha comunque rilevato come il nostro Paese sia venuto meno agli obblighi insiti nella direttiva in forza del diritto dell’Unione, e che la valutazione è stata effettuate in relazione alla situazione dello Stato membro alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato. Il periodo valutato era infatti il 2017.

Una cosa è certa. E’ urgente trovare una soluzione efficace che adegui l’Italia, per quanto concerne i crediti con le imprese, ai tempi e agli standard previsti dall’Unione. Non si può essere “Europei” solo sulla carta.

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