L’etica nella scrittura di Giuseppe Antonio Borgese
In piena epoca fascista uno scrittore prossimo a un lungo distacco dall’ Italia afferma che «il sole non è mai tramontato». Una frase che si può interpretare come invito ad affrancare la letteratura dal dominio della dittatura e – allo stesso tempo – come significativa rivendicazione del primato dell’ etica, della pregnanza morale rispetto alle trame narrate, nel tentativo di superare un certo calligrafismo che tendeva a confinare la scrittura nel terreno del divertissement o dell’ estetismo.
Questa proposizione di Giuseppe Antonio Borgese è anche il titolo della raccolta di sue novelle (“Il sole non è mai tramontato”, edito adesso presso Nerosubianco), pubblicate in prima edizione nel 1929 e successivamente nel 1933 e 1950 con alcune varianti minime. Questa nuova edizione offre l’ occasione per approfondire la parabola editoriale dello scrittore di Polizzi Generosa che si affermò anche come polemista e giornalista oltre che sostenitore di una pratica letteraria forte e profonda da opporre al «frammentismo» (che egli considerava superficiale e decorativo)
«Borgese è uno di quegli autori di cui tutti parlano ma che pochissimi in realtà conoscono – sottolinea Salvatore Silvano Nigro, critico e docente di letteratura moderna e contemporanea – I suoi libri sono citati, l’ autore è notissimo – anche se mi capitò di scoprirlo per la prima volta a Chicago – ma la sua non è stata una stella letteraria molto fortunata, nonostante siano stati in tanti a tentare di risollevarlo dalle sue sorti. Probabilmente è stato penalizzato dalla sua scelta di diventare cittadino americano. Non è semplice individuare una causa precisa; d’ altronde questo è anche il destino di altri autori, vedi ad esempio De Roberto, di cui viene citato spesso il romanzo “I Vicerè” senza che siano stati in tanti a leggerlo».
Giuseppe Antonio Borgese, nato a Polizzi Generosa nel 1882, fu docente universitario di letteratura tedesca, storia della critica ed estetica prima a Torino, e successivamente a Roma e Milano. Non amato dal regime fascista, perseguitato anche fisicamente insieme ad alcuni suoi studenti, decise di esiliarsi negli Stati Uniti dove visse fino al 1948 insegnando a Berkeley, allo Smith College e infine a Chicago. La sua vita si concluse tragicamente nel 1952 a causa di un banale incidente. Nella sua esperienza umana e letteraria si condensano alcuni passaggi nodali della storia italiana del primo Novecento: l’ interventismo, la guerra, il confuso e drammatico dopoguerra. Egli mette in discussione le mitologie dannunziane, denunciandone l’arido estetismo, le infatuazioni per la vita inimitabile, la retorica del bel gesto che avevano suggestionato gli intellettuali piccolo-borghesi (di cui Filippo Rubè fa parte). Contribuisce a disegnare una tipologia letteraria moderna le cui influenze arriveranno successivamente sino a Moravia.
Nella sua biografia letteraria si rintracciano elementi di autoanalisi, di uomo straziato dalla solitudine, incapace di fedi e di miti. Di sé lasciò scritta questa speranza: «Aspiro, per quando sia morto, a una lode: che in nessuna mia pagina è fatta propaganda per un sentimento abietto o malvagio». Alieno rispetto al provincialismo sia della vita culturale siciliana che di quella italiana, maturato in «quella concezione serenamente pessimistica della vita, senza la quale non si è che avventurieri», come scrisse in una lettera alla sorella nel 1912, Borgese fu un esempio importante di intellettuale sganciato dalle logiche del potere. «Non si tratta oggi di ribadire l’ importanza dell’ opera letteraria e in particolare narrativa di Borgese, – sottolinea Gian Paolo Giudicetti nella postfazione al volume – ma di riflettere su quali siano i motivi di fondo e le caratteristiche di tale opera, in questa occasione di “Il sole non è mai tramontato”».
È lecito però interrogarsi sul futuro editoriale dell’ autore di “Rubè” del quale, come dice Silvano Nigro, è stato ripubblicato da Vallecchi, dopo un lungo oblio, il suo “Atlante americano”, la raccolta di articoli per il “Corriere della sera” in cui esprimeva il suo dissenso verso il regime fascista e le sue più torbide
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