Violenza, dialetti indecifrabili e superstizioni. L’ascesa della sanguinaria mafia nigeriana

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Dalle terribili torture subite in Libia, all’inganno dei parenti che prospettando loro una vita migliore, in realtà le hanno già vendute alle organizzazioni criminali. E’ questo il destino di molte ragazze – a volte persino bambine- provenienti dalla Nigeria. Un vero e proprio tunnel dell’orrore dal quale non sembra esserci uscita. Finite in strada e costrette a prostituirsi, non soltanto fisicamente ma psicologicamente perché davanti a un santone voodoo avevano fatto un giuramento che non poteva essere sciolto, terrorizzate e sottomesse per via di un condizionamento non solo fisico ma mentale, queste donne sono alcune delle vittime di un sistema criminale gestito dalla mafia nigeriana. Nel corso di arresti e perquisizioni, dentro fatiscenti case adibite alla mercificazione di queste giovani, sono spesso stati trovati dei feticci voodoo che, se mostrati nel corso degli interrogatori alle vittime, sono stati in grado di creare malesseri fisici e reazioni di terrore, tanto è grande l’assoggettamento che esiste.

In Italia, ma non solo, il fenomeno che è sottoposto in maniera strettissima al controllo della mafia nigeriana, ha origini lontane. Per comprenderlo meglio, bisogna fare un passo indietro ed addentrarsi nella storia della Nigeria, ed in particolare alla nascita dei cult.

Queste organizzazioni nascono originariamente all’interno delle università, una notevole differenza rispetto alle nostre mafie che nascono dal basso e poi si evolvono. In questo caso i cult nascono come gruppi universitari, che poi diventano paramilitari al servizio delle dittature in Nigeria sfociando infine in organizzazioni criminali autonome che addirittura diventano transnazionali, perché lavorano in tutti i paesi europei, non interrompendo mai il loro contatto con l’organizzazione centrale in patria. Le diversità culturali e linguistiche rendono ancora oggi molto complesse le operazioni investigative e di indagine, perché oltre alle 4 lingue principali (hausa, yoruba, igbo e benin) esistono oltre 270 dialetti per la traduzione dei quali è complicatissimo trovare degli interpreti. I criminali sfruttano le diversità linguistiche, per la loro pressoché impossibile comprensione agli “esterni”, di cui sono ben consapevoli, quando devono comunicare di traffici illeciti, mentre utilizzano il pidgin english, una sorta di inglese afro per le normali comunicazioni.

Alle differenze culturali e linguistiche, va aggiunto il ruolo determinante della ritualistica voodoo che assoggetta le vittime che agiscono così come gli è stato imposto quasi in modo spontaneo, all’apparenza. Nel caso della prostituzione, una ragazza che si prostituisce a Roma, può darsi mandi i soldi a un riferimento che vive da tutt’altra parte, che quindi non esercita, perché fisicamente non presente, un controllo quotidiano sulla sua attività. Sembrerebbe appunto che non esista costrizione, ma quasi una scelta libera, dettata certamente dalle difficili condizioni di sopravvivenza, ma pur sempre libera. In realtà, ed ecco il ruolo determinante del voodoo, non è così. Perché queste ragazze non scappano e cercano di rifarsi una vita facendo perdere le tracce ai propri aguzzini? La maman, che come abbiamo già detto può trovarsi in qualsiasi altra città rispetto a quella della vittima, ha con sé il cosiddetto feticcio che consiste in un oggetto strettamente legato alla ragazza che viene inviato direttamente dalla Nigeria. A volte può essere intriso del sangue, avere dei capelli o peli pubici appartenenti alla persona oggetto del rituale. Un ricatto che perseguita la persona e dal quale, secondo loro, è impossibile liberarsi. La vittima è fortemente condizionata da questo sistema. Il patto con la madame è sacro e al contempo una prigione senza sbarre. Chi ne è vittima sa che se lo rompesse, morirebbe. E se questo non dovesse bastare a scongiurare possibili tradimenti, in Nigeria l’organizzazione criminale sarebbe in grado di rintracciare la sua famiglia e uccidere madre, padre, fratelli senza alcuna pietà.

Scrivere un libro su questo fenomeno era importante oltre che utile. Lo ha fatto l’ispettore di Polizia IMD, che da La copertina del nuovo saggio di IMD anni ormai al lavoro su fenomeni come questi, ha voluto spiegare come stanno le cose scevro da valutazioni ideologiche. Mafia Nigeriana è un saggio illuminante che rende possibile la comprensione di fatti e situazioni molto lontane dalla cultura occidentale, logiche assurde, condizionamenti che sembrerebbero provenire da epoche lontanissime e che invece sono terribilmente attuali.

 

 

 

Malgrado adesso se ne parli di più e ci sia una maggiore conoscenza del fenomeno in tutta la sua complessità, le prime operazioni di polizia nei confronti di cult nigeriani risalgono almeno ad un decennio fa. Non parliamo quindi di intrecci e contaminazioni recenti.

In Italia oggi esistono realtà in cui la mafia nigeriana domina, riuscendo ad imporsi alla mafia locale a volte sottraendole alcune fette di mercato illecito, come accade a Castelvolturno luogo in cui le organizzazioni criminali cultiste nigeriane comandano persino rispetto alla camorra, tant’è che il clan Setola fu il primo a scontrarsi fisicamente con loro, uccidendo alcuni migranti nigeriani proprio per il mancato pagamento di una partita di droga.

Altre volte scendendo a compromessi e diversificando l’offerta.

A Palermo per esempio ciò che si è registrato è un vero e proprio accordo di tipo logistico (il mercato di Ballarò nel caso di Palermo). La mafia in questo caso non ha ceduto un territorio ma ha consentito determinati traffici traendone sempre dei benefici, diretti o indiretti. Ad esempio, invece di utilizzare vedette proprie gode della presenza dei nigeriani locali, che non hanno un costo vivo per la mafia, ma che di fatto svolgono lo stesso ruolo di controllo del territorio, segnalando la presenza delle forze dell’ordine, di telecamere etc… Un altro elemento di integrazione simbiotica tra le mafie è legato ai traffici di droga e alla suddivisione del mercato. Eroina e cocaina restano in mano alla mafia, la vendita del più economico crack gestita dai nigeriani, che proprio per il suo costo più abbordabile, ha successo sia tra gli stranieri che tra i giovanissimi (che solitamente passano poi al consumo di cocaina se non eroina – con un giro di soldi e un aumento di contatti che torna indietro all’organizzazione criminale locale).

Molti processi che coinvolgono i cult non si sono tradotti in una condanna per i suoi esponenti perché c’è una difficoltà da parte dei giudici di individuare una fattispecie criminale. Alcuni soldati arrestati, per esempio, di fatto non hanno commesso nulla che possa tradursi in un reato specifico. Se il capo di un cult si mette in contatto con questi soggetti consegnando loro un messaggio da diffondere a tutti gli altri membri. Il compito di questo elemento, è quello di chiamare a raccolta tutti i soldati del gruppo criminale dislocati per un determinato territorio mandando il cosiddetto “canarin” (canarino ndr), perché il capo ha la necessità di comunicare qualcosa. Di fatto, anche se il “portavoce” non ha commesso alcun crimine, la finalità della sua azione è quella di favorire l’organizzazione criminale, un po’ come fanno i soldati della mafia nostrana. Anche in quel caso, infatti, non è detto che l’uomo d’onore debba sparare, ma può anche sostenere l’organizzazione criminale in altro modo. La cosa complicata nel caso di questi membri del cult è dimostrare, dal punto di vista processuale, questo suo ruolo e quindi una responsabilità penale.

Se è già complicato dimostrarlo per gli italiani, figurarsi per un’organizzazione criminale di matrice straniera come un secret cult nigeriano.

Ma com’è articolata questa complessa organizzazione criminale?

I secret cults sono diversi e per struttura sono simili alle ‘ndrine calabresi. Ogni secret cult ha un capo a livello nazionale che risponde poi al capo “assoluto” che rimane sempre in Nigeria. Esiste un coordinamento a livello europeo. I capi dei cults dei diversi Paesi spesso si riuniscono tra loro per stabilire la linea, una sorta di commissione sovranazionale, che è espressione della volontà del leader maximo.  Pur trattandosi di un’organizzazione transnazionale, rimane sempre attivo il collegamento diretto con la madre patria, una vera e propria sintesi o una trasposizione reale con ciò che avviene sul territorio d’origine, con le diversità naturali espressione dei diversi luoghi in cui si radicano.

Di fatto si tratta di una organizzazione potentissima e molto violenta che ha collegamenti in molti ambiti e settori.

Siamo ancora agli inizi di quello che sembra configurarsi come uno dei più grandi ed inestricabili sistemi di potere criminale transnazionali.

 

Se avete voglia di approfondire l’argomento, vi consigliamo la lettura del saggio “Mafia Nigeriana” scritto da I.M.D appena pubblicato (ed. Flaccovio)

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