Manager: la lingua italiana una competenza chiave.

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Oggi nella leadership suite di un manager italiano proiettato sul mercato globale non può mancare la conoscenza dell’inglese manageriale. Naturalmente la padronanza della lingua non deve prescindere da una serie di qualità che si traducono in “Strategic thinking”(la capacità di avere un approccio differente per ogni problema), “Work culture” (la capacità di creare un clima di benessere con i collaboratori), “Management style” (ogni manager deve sapersi inventare un proprio stile operativo), tanto per citare le famose “Soft skills”, ovvero quel complesso di qualità relazionali che ogni buon condottiero d’industria deve possedere o, quanto meno, affinare attraverso lo studio e la disciplina aziendale.

A questo quadro si deve aggiungere l’acronimo Stem, o Smet secondo una precedente definizione, ovvero quel complesso di discipline logico-scientifiche- tecnologiche (dalla matematica all’ingegneria etc) che in ogni scuola o università dove si allevano futuri manager non possono non essere oggetto di studio. A queste discipline è stata data una estensione operativa anche in ambiti di tipo sociale e umanistico.

Insomma, il manager italiano deve allargare sempre di più il raggio delle competenze per essere all’altezza di tutte le sfide che giorno per giorno propone il mercato iper-globalizzato, senza però trascurare gli aspetti legati alla sfera dell’empatia e della comunicazione.

Diversi esperti hanno però segnalato un elemento fondamentale per completare il pantheon delle qualità professionali dei nostri manager: la piena padronanza della lingua italiana. Questo elemento potrebbe rendere il manager nostrano ancora più competitivo nello scenario mondiale, considerata la ricchezza lessicale e l’efficacia di rendere dei concetti che è propria della nostra lingua. In tempi in cui la comunicazione, specie quella digitale, è sempre più asciutta e ridotta a elenchi puntati, espressioni gergali o inglesismi, la capacità di sapere scrivere e parlare l’italiano con proprietà di linguaggio può diventare la marcia in più, l’elemento distintivo che può dare maggiore profondità ed efficacia alla propria azione.

Una perfetta padronanza della propria lingua può permettere al manager di migliorare le competenze, alzando la qualità delle performance nelle vendite, nell’assistenza ai clienti e in generale dove sia necessario immettere un elemento di distinzione e di originalità, fatto che all’interno di un mercato globale oggi è considerato un valore aggiunto. La lingua infatti non è solo una questione lessicale, ma introduce e veicola degli elementi distintivi che possono essere apprezzati e rivelarsi vincenti nei mercati internazionali.

Saper parlare bene in italiano significa riuscire ad adattare qualsiasi concetto al contesto, al destinatario, al mezzo. Questa competenza consiste nel saper variare adeguatamente struttura sintattica e registro linguistico a seconda che ci si trovi di fronte alla definizione di uno slogan pubblicitario o ad un contratto, a seconda che il mezzo sia un post su un Facebook o una lettera formale, a seconda che si tratti di una presentazione in pubblico o di un colloquio riservato. Oggi la capacità di plasmare le proprie parole in modo camaleontico è fondamentale perché chi ci legge o ci ascolta è pigro, presuntuoso e distratto da un sovraccarico di informazioni. Pretende di capire al volo, senza alcuno sforzo, ma soprattutto si distrae molto facilmente. Sapere parlare bene l’italiano vuole dire aumentare in modo esponenziale la propria capacità di elaborazione creativa, stimolando allo stesso tempo le dinamiche associative del cervello. Cosi come succede analizzando le dinamiche di apprendimento nella scuola: i bambini apprendono la lezione, la ripetono con parole proprie che associano ad un oggetto o a un soggetto ben determinato, e di conseguenza sviluppano la capacità di comporre o scomporre un testo senza perdere il significato, il nesso conseguenziale dei concetti, la funzione dinamica che mette in collegamento il pensiero critico con quello creativo. Se un manager sarà in grado di arrivare ad elaborare la propria lingua in maniera cosi ricca e compiuta, sarà di in grado di trovare nei testi, che si tratti di proposte contrattuali o bozze di interventi poco conta, una serie di significati (e di significanti) che possono tradursi nella fioritura di nuove idee, di nuove proposte e soluzioni operative, andando in profondità con un linguaggio che riesce ad essere il terreno di germinazione per nuove idee o modelli di imprenditorialità. E’ necessario che il mood del manager italiano si doti di questa potentissima arma che è la lingua nostrana, radicata in una cultura classica e moderno allo stesso tempo,  e che a differenza dei linguaggi omologati e massimalisti prevalenti, è  ancora in grado di produrre nuove visioni o sottili intersezioni dove, a causa della standardizzazione della comunicazione, si è prodotta una vera e propria sterilizzazione del modus operativo.

La necessità di approfondire la capacità relazionale  dell’italiano ai nostri manager è stata evidenziata recentemente dal Sole 24 ore nell’ambito di un articolo in cui, per l’appunto, si sottolineava la forza di penetrazione della nostra lingua come plus valore da integrare al proprio bagaglio professionale. E il messaggio è stato raccolto, ad esempio, dal team del MJF che di recente ha messo a punto un corso completo, modulabile secondo le singole esigenze, per approfondire le sfumature e le potenzialità della nostra lingua nell’ambito del management.

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