Piersanti Mattarella: Storia di un uomo coraggioso e onesto nell’anima.
Piersanti Mattarella , fu ucciso il 6 gennaio 1980. Ad oggi non è ancora noto l’esecutore in un intreccio tra mafia, politica e terrorismo nero. Nel 2019 il caso è stato riaperto. Nacque a Castellammare del Golfo il 24 maggio 1935. Secondogenito di Bernardo Mattarella, uomo politico della Democrazia Cristiana e fratello di Sergio, Presidente della Repubblica Italiana.
Nel novembre del 1964 si candidò nella relativa lista alle elezioni comunali di Palermo ottenendo più di 11.000 preferenze, divenendo consigliere comunale nel pieno dello scandalo del “Sacco di Palermo”. Erano, infatti, gli anni della crisi della Dc in Sicilia, c’era una spaccatura, si stavano affermando Lima e Ciancimino e si preparava il tempo in cui una colata di cemento avrebbe spazzato via le ville liberty di Palermo.
Nel 1967 entrò nell’Assemblea Regionale. In politica adottò uno stile tutto suo: parlò di trasparenza, proponendo di ridurre gli incarichi (taglio degli assessorati da 12 ad 8 e delle commissioni legislative da 7 a 5 e per l’ufficio di presidenza la nomina di soli 2 vice, un segretario ed un questore) e battendosi per la rotazione delle persone nei centri di potere con dei limiti temporali, in modo da evitare il radicarsi di consorterie pericolose.
Parlava sempre di Regione “con le carte in regola” e si prese il rischio di giocarsi consensi mettendo in dubbio pubblicamente l’utilità degli enti regionali e la loro economicità. Fu rieletto per due legislature (1971, con più di 40.000 preferenze, e 1976, con quasi 60.000 preferenze). Dal 1971 al 1978 fu assessore 2 regionale alla Presidenza con delega al Bilancio nelle diverse giunte presiedute da Mario Fasino, Vincenzo Giummarra e Angelo Bonfiglio. L’azione di Mattarella come assessore al Bilancio è subito incisiva: nel 1971 vengono approvati otto rendiconti arretrati e negli anni successivi presenta e fa votare entro i termini di legge i bilanci di previsione evitando la prassi consolidata del ricorso all’esercizio provvisori. Nella primavera del 1975 su suo impulso viene approvato a larghissima maggioranza, anche con i voti del PCI, il Piano regionale d’interventi per gli anni 1975-1980 (legge regionale n. 18 del 12 maggio 1975), primo tentativo di programmazione a lungo termine delle risorse regionali. Il 9 febbraio 1978 fu eletto dall’Assemblea presidente della Regione Siciliana, alla guida di una coalizione di centro-sinistra con l’appoggio esterno del Partito Comunista Italiano. Da presidente della Regione disse cose scomode contro Cosa nostra e si mostrò decisionista: in poche settimane fece approvare riforme del governo regionale in direzione della trasparenza. Ma è sul fronte degli appalti (trasparenza ed imparzialità nella pubblica amministrazione, riformando anche il sistema di collaudo delle opere pubbliche affidato precedentemente sempre alle solite persone) e dell’urbanistica che si alzò il livello dello scontro: la giunta Mattarella con la legge urbanistica n° 71 del 1978 riuscì a comprimere gli spazi della speculazione edilizia nelle aree del “verde agricolo” bloccando gli interessi di mafiosi e palazzinari insieme a quelli di una certa politica che su quegli interessi aveva costruito consensi.
Quando nel febbraio del 1979 Pio La Torre indicò l’Assessorato dell’agricoltura come centro della corruzione regionale, Mattarella, invece di difendere l’assessorato e l’assessore, ribadì la necessità di seguire principi di correttezza e legalità nella gestione dei contributi agricoli regionali. Forse fu proprio questa presa di posizione a costargli la vita. Dopo l’uccisione, per ordine di Tano Badalamenti, di Peppino Impastato, Mattarella pronunciò un durissimo discorso contro Cosa Nostra che stupì gli stessi sostenitori di Impastato. Era il giorno dell’Epifania del 1980 quando, in via della Libertà a Palermo, una grandine di pallottole lo sorprese, mentre si stava recando a messa con moglie e figli. Il delitto apparve anomalo per le sue modalità e anche se inizialmente fu considerato un attentato terroristico, poiché subito dopo il delitto arrivarono rivendicazioni da parte di un sedicente gruppo neo-fascista, le indagini giudiziarie, in particolare la corposa requisitoria della Procura di Palermo sui “delitti politici” siciliani che, depositata il 9 marzo 1991, costituì l’ultimo atto investigativo di Giovanni Falcone nella qualità di procuratore aggiunto, lo catalogò tra gli omicidi di mafia. Falcone puntava fermamente sulla colpevolezza dei terroristi di estrema destra Giuseppe Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, membri dei NAR, quali esecutori materiali del delitto, in un contesto di cooperazione tra movimenti eversivi e Cosa Nostra.mDopo la morte di Falcone nella strage di Capaci, l’uccisione di Mattarella venne, però, indicata anche dai collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta e Gaspare Mutolo esclusivamente come delitto di mafia.
Infatti, nella sentenza della Corte di Assise del 12 aprile 1995 n. 9/95, che ha giudicato gli imputati per l’assassinio di Piersanti Mattarella, si legge che «l’istruttoria e il dibattimento hanno dimostrato che l’azione di Piersanti Mattarella voleva bloccare proprio quel perverso circuito (tra mafia e pubblica amministrazione) incidendo così pesantemente proprio su questi illeciti interessi» e si aggiunge che da anni aveva «caratterizzato in modo non equivoco la sua azione per una Sicilia con le carte in regola». Nel 1995, vennero condannati all’ergastolo i mandanti dell’omicidio Mattarella, i boss della cupola: Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nené Geraci.Le condanne vennero confermate in Cassazione. Gli esecutori materiali non sono mai stati individuati con certezza. Il processo ha messo la parola fine a un’indagine, cominciata da Giovanni Falcone, e complicata da depistaggi e da ritrattazioni di collaboratori di giustizia e testimoni. Ha lasciato, però, l’ombra del dubbio, come ha detto alcuni anni fa Pietro Grasso, che “le carte processuali siano riuscite a fotografare solo la parte superficiale della storia”.
Foto Archivio ( Letizia Battaglia)
Fonte: www.interno.gov.it
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