La polemica incalza su Twitter. Tantissimi gli utenti nelle ultime ore hanno espresso la loro indignazione nei confronti di molte testate giornalistiche che, quasi come una telecronaca, ci hanno rendicontato la prima uscita di Silvia Romano rientrata in Italia l’11 maggio, dopo un sequestro durato un anno e mezzo fra Kenya e Somalia, e dopo aver finito la sua quarantena, oggi si è recata in un centro estetico con la madre.
“Giornalismo da premio Pulitzer” scrive su Twitter un utente con ironia.
Riccardo Bocca, giornalista milanese, commenta cosi sui social: “Sono le 15.05, quando l’agenzia Ansa batte questa notizia: “Quarantena finita, Silvia Romano va in centro estetico”. Il Paese era effettivamente in attesa. Tutti noi volevamo sapere quale sarebbe stato il primo gesto privato e libero che la giovane Aisha avrebbe compiuto dopo la forzata clausura. Ed ecco che finalmente il giornalismo, conquistando una vetta di imbarazzo che sarà in futuro difficile da raggiungere nuovamente, comunica al popolo peninsulare lo scoop degli scoop: Silvia Romano è uscita di casa ed è andata in un centro estetico. Addirittura, hai capito… Addosso, informa l’agenzia di stampa, portava un velo beige a coprire la testa e le spalle. Il volto era coperto da una mascherina bordeaux, e accanto a lei c’era la madre, con la quale è salita -“rapidamente”, viene specificato – su un taxi che le attendeva di fronte al portone” . Dopodiché vorrei dilungarmi nei commenti, nelle riflessioni sulla meraviglia che il grande giornalismo d’inchiesta sa scatenare nei nostri cuori, ma a impedirmelo è un travolgente senso di nausea che mi colpisce in volto. Più di una sberla o un pugno. L’immagine plastica di un fallimento sociale e culturale che si alimenta di pedinamenti da bar sport e di notizie trashendenti. Fai che la notte giunga presto, oggi, e cancelli la mestizia di questa merce.”
Non sappiamo se la colpa è dei lettori o dei giornalisti, di una cosa però siamo sicuri: non è questo il mestiere che molti di noi sognavamo di fare. Non è servita a nulla la riflessione nata da una lunga quarantena dove ognuno di noi speravamo di uscirne migliorati, più buoni. No, non è servita, perchè l’esigenza di giudicare e sparare sentenze è più forte di qualunque virus.
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