Strage di Carignano: perchè non si parla di familicidio?

0
864
img-2

Venerdi 13 novembre 2020.
I medici del Regina Margherita, dopo il periodo di osservazione della piccola Aurora, hanno dichiarato ufficialmente il decesso.

 

Venerdi 11 Novembre 2020.
È successo ancora. A Carignano (Torino) hanno perso la vita Barbara Gargano e Alessandro Accastello, due anni, uno dei suoi due figli e gemello di Aurora, unica sopravvissuta alla strage, attualmente ricoverata, al sesto piano del Regina Margherita di Torino nel reparto di Rianimazione, in condizioni gravissime e presenta danni cerebrali irreversibili.

Protagonista di questo massacro è il marito di Barbara e padre di Alessandro e Aurora, Alberto Accastello 40 anni. L’uomo prima di sparare ai familiari ha chiamato il fratello che vive a Racconigi in provincia di Cuneo dicendogli che da li poco non ci sarebbe stato più.

L’omicidio suicidio è avvenuto alle 5.30: “all’interno di una villetta  dove Barbara Gargano e i bambini stavano dormendo. L’uomo spara alla moglie, ai due figli e al cane, sparandosi subito dopo alla testa. I carabinieri allertati dai vicini hanno sfondato la porta, ma era ormai troppo tardi.

In queste ore molte persone stanno cercando di dare un senso a quello che è successo e purtroppo, sappiamo che tali atti di violenza non sono isolati ma i motivi che hanno portato Alberto Accastello a premeditare il delitto prima, e compierlo freddamente dopo, non possono avere spazio e cercare di essere compresi da noi giornalisti.

I mezzi di informazione svolgono un ruolo sostanziale nel plasmare la percezione della società sulla questione. Basta esaminare come i media inquadrano le storie di femminicidio, si, perchè il modo in cui pensiamo, parliamo e scriviamo di questi casi è importantissimo. Modella gli atteggiamenti pubblici e influenza  anche i modi in cui cerchiamo di prevenirli.

Le notizie sui recenti casi di familicidio si sono spesso concentrate sulle circostanze personali degli autori, sui loro problemi finanziari e sul “dolore” e “angoscia” che devono aver provato. Troppo spesso, purtroppo, quando i padri uccidono la moglie e i propri figli, la tendenza è quella di inquadrarlo come un caso di malattia mentale piuttosto che come una violenza di genere e un omicidio basato sulle dinamiche del potere e del controllo.

Il familicidio si verifica spesso di fronte a una vertiginosa perdita di controllo soprattutto da parte del “capofamiglia”. Una perdita di controllo sui domini “maschili” è al centro dei familicidi, anche dove non esiste una chiara storia di abusi domestici.
Il desiderio e il senso di diritto al controllo è il denominatore più comune.

Alcuni “di punto in bianco” davanti alla perdita del controllo sul processo decisionale, davanti all’indipendenza della partner e a causa di rigidi credenze sui ruoli uomo donna premeditano silenziosamente la pianificazione degli omicidi.

Nadia Somma Attivista presso il Centro antiviolenza Demetra scrive sul Fattoquotidiano.it

“Alberto Accastello viene definito in molte testate: “tranquillo operaio”, “lavoratore”, “padre e marito modello”, “lavorava moltissimo. Mai un’assenza, sempre presente”, un uomo che “aveva costruito una vita che giudicava perfetta”. Un uomo “mite” che aveva costruito con le sue mani “il patio per fare giocare i bambini” (quegli stessi su cui ha scaricato pallottole) e che “lavorava alla casa anche i fine settimana”. Alcuni tg che era un uomo “legatissimo alla famiglia” e che “non sopportava l’idea di perdere i due figli”.

È questo il punto.  La “colpa” delle vittime è parte integrante della nostra cultura e dobbiamo farla emergere per sradicarla quando affrontiamo la violenza familiare.

È  terribile leggere i titoli sui giornali locali e nazionali che riferiscono il caso evidenziando le parole del nuovo compagno di Barbara ( “….lui – il marito – pensava  solo al lavoro, non la portava mai fuori  e Barbara voleva lasciarlo…”), dei vicini di casa o sulla sua vita di “papà amorevole” facendo apparire l’assassino quasi una vittima senza pensare alle migliaia di donne che vivono nel dolore e nella paura di lasciare uomini che non amano più, alle donne assassinate quando ci provano, al numero di bambini che sono testimoni di questi atti brutali e passano il resto della loro vita a conviverci.

 

Comments are closed.