Valeria Lembo uccisa da una chemio sbagliata, 8 anni dopo la famiglia teme la prescrizione

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Valeria 8 anni fa aveva superato e vinto una battaglia durissima contro il linfoma di Hodgkin. Ce l’aveva fatta, non perdendo mai la grinta. Era mamma da 7 mesi e quel bambino tanto desiderato era stato la molla per affrontare la malattia senza mai cedere un solo attimo. Era il suo ultimo giorno di chemio, l’ultima seduta di un ciclo che avrebbe segnato il nuovo inizio della sua vita. E lei, Valeria, non aveva mai perso il sorriso, tornava a casa dopo la terapia e si occupava della sua famiglia, come se nulla fosse. Quel giorno, quell’ultimo maledetto giorno, il suo percorso fu deviato, inesorabilmente, portandola alla morte. Una terribile e fatale distrazione, nove milligrammi di farmaco che nella cartella medica diventano 90. Dieci volte la dose che avrebbe dovuto assumere. Quel giorno Valeria torna a casa ma non sta bene e non sorride. Ha spasmi, dolori addominali, vomita e lo stomaco è in subbuglio. Inizialmente tutti pensano a un effetto collaterale che, anche se non si era mai presentato, in fondo ci poteva stare. Dall’ospedale chiamano per la prima volta dall’inizio della cura per sincerarsi “come sta Valeria?”. “Valeria sta male, molto male” – risponde la madre. E così altre telefonate nel corso della giornata, come se accortisi dell’errore, volessero in qualche modo indagare sullo stato della paziente, senza mai dire che qualcosa potrebbe essere andato storto, che era andato storto e probabilmente loro – medici e infermieri – lo sapevano già. Sarebbe bastato intervenire subito per tentare di rimediare all’enorme danno, ma nessuno lo fa. Sono ore lunghe e complicate, Valeria si contorce dal dolore, finchè la sua famiglia decide di portarla al Pronto soccorso. La diagnosi è devastante “avvelenamento da chemio”.

C’è un processo in corso che va avanti, tra rinvii e lungaggini, da otto anni. La sua famiglia è preoccupata e non ce la fa a stare in silenzio, temono che arrivi la prescrizione a negare giustizia per quella figlia, madre e moglie, che a 34 anni è stata uccisa. Valeria Lembo è morta il 29 dicembre del 2011 presso il reparto di Oncologia medica del Policlinico. Il giorno dopo il suo compleanno.

 

Rosaria D’Amico, la mamma di Valeria Lembo ci racconta quei terribili momenti.

Il 29 dicembre saranno 8 anni che mia figlia è sottoterra e ancora non ha giustizia. Una giustizia che merita per quello che ha sofferto, i tormenti che ha avuto sono indescrivibili. Valeria è stata arsa viva e noi pretendiamo che questa giustizia arrivi, per noi, per il marito, per quel bambino che è cresciuto senza una madre e soprattutto per Valeria.
Tra i responsabili ci sono la dottoressa Di Noto, lo specializzando Alberto Bongiovanni due infermiere, una delle quali ha preparato il tutto e il primario, il dott.  Sergio Palmeri.
Quando è successo il fatto, il reparto del Policlinico è stato chiuso per un mese perché ai tempi dopo un’ispezione si resero conto delle criticità presenti. Ricordo che ci fu uno sciopero dei medici e anche molti pazienti oncologici furono coinvolti, chiedendo la riapertura. Avrei voluto che scioperassero per ciò che era accaduto

Qual è la vostra paura?

La prescrizione. Il 27 gennaio ci sarà l’altra udienza d’appello, nel corso della quale dovranno parlare i difensori degli imputati. Vedremo cosa succederà.

Potremmo dire che c’è stata molta leggerezza, un pressapochismo inaccettabile nel trattare una vita umana?

Mia figlia si era accorta dell’errore, tant’è che disse all’infermiera che le sembrava strano che le somministrassero due sacche di medicinale mentre era sempre stata una. L’infermiera le rispose che era lo stesso.
9 milligrammi di vinblastina erano quindi uguali a 90…
Nel corso del processo abbiamo sentito tante bugie, responsabilità negate e accuse reciproche tra gli imputati. Tante volte siamo usciti dall’aula perché certe cose non si possono sentire.

Il 7 dicembre mia figlia arrivò a casa e stava male. Era l’ultima seduta dell’ultimo ciclo. Premetto che mia figlia non aveva perso un capello, ogni volta prendeva il protettore gastrico, era molto molto attenta. Io lavoravo e prendevo la giornata libera per tenere il bambino mentre mio marito l’accompagnava. Quando lei tornava dall’ospedale mi diceva “mamma riposati”. E immediatamente si metteva al lavoro per la casa, la sua famiglia.

Mia figlia prima di iniziare la chemio aveva fatto le analisi, era tutto ok, era guarita.

Quel pomeriggio intorno alle 17:00, come dicevo ci chiamò la dottoressa per capire come stava Valeria. Lei stava male, la dottoressa suggerì di fare una Plasil. Successivamente chiamò ancora per informarsi. Le passai mia figlia che aveva dolori allucinanti, la dottoressa disse di andare al pronto soccorso nel caso la situazione fosse rimasta in quel modo. E poiché mia figlia non ce la faceva più, siamo andati al Buccheri La Ferla. La dottoressa di turno sentenziò “intossicazione da chemio”.

Cominciarono a fare delle flebo. Nel frattempo la dottoressa Di Noto continuava a chiamare, parlava con la collega del pronto soccorso e riparando con Valeria le disse “se continui a stare male fatti ricoverare”. Secondo me era un modo per scaricare la responsabilità su altri, perché lei sapeva cosa era successo.

A mezzanotte siamo tornati a casa, i dolori si erano un po’ attenuati.

Il giorno seguente Valeria si reca al Policlinico per fare un ulteriore controllo, era l’8 dicembre. Dopo poco mi chiama dicendo che era necessario che si ricoverasse per un giorno perché non potendo mangiare a causa di una gastroenterite, dovevano alimentarla con le flebo. Arriviamo a giorno 11 sera. Mia figlia comincia ad avere delle bolle sulla lingua e forte bruciore alla gola. Chiamiamo l’infermiera che le diede un po’ di ghiaccio.

Mia figlia in quella circostanza ribadì a mia sorella, che le stava tenendo compagnia per la notte in ospedale, che sicuramente le avevano sbagliato la terapia, perché dopo la prima sacca di farmaco, gliene avevano somministrato un’altra. E questa cosa non era mai successa prima. All’ora di pranzo mio marito e mio genero andarono immediatamente a parlare con il Professore per segnalare questa circostanza.
Lui rispose in modo sconcertante “mi darei pugni in testa, dopo trent’anni di carriera, una dose doppia. La colpa è mia, c’era pure la dottoressa” (Di Noto).

Ogni giorno i valori erano instabili. Osservano le analisi restammo sconvolti, il midollo era bruciato.

E poi cosa è successo?

Noi decidiamo di trasferire Valeria all’ospedale Cervello giorno 16. Il professore, la dottoressa e lo specializzando si sono accomodati in ambulanza e ci hanno accompagnati. Prima che andassero via io ho fermato il professore e gli ho chiesto “Che cosa è successo, professore?”. E lui mi ha risposto in un modo che mai avrei potuto immaginare “Sa signora, l’errore umano ci può stare, cadono gli aerei, deragliano i treni”, al che io non ci ho visto più “professore ma cosa sta dicendo? Io vengo in ospedale per farmi curare, per farmi aiutare non per farmi uccidere!”.

Subito dopo mi chiamò la dottoressa del reparto di ematologia dell’ospedale Cervello che non sapeva come darmi la notizia… “Signora noi faremo tutto ciò che è possibile fare, sua figlia è gravissima e in pericolo di vita”.

Una comunicazione agghiacciante.

Io ho subito pensato a dove avrei trovato il coraggio per comunicarlo a mio genero, a mio marito. E’ stato terribile doverlo fare. Mia figlia nel frattempo non riusciva davvero a stare ferma, stava malissimo, ma ha avuto tanta dignità nella sua sofferenza. Sono cose che rimarranno indelebili nella mia mente.

Da lì a poco sarebbe successa la tragedia.

Il 20 sera Valeria ha avuto un arresto cardiaco, ha lottato tanto. Il 28 dicembre era il suo compleanno, il 29 dicembre è stata dichiarata la morte cerebrale ed è finita. Siamo finiti un po’ anche noi.

Da quel momento in poi oltre al dramma per la perdita di Valeria, un interminabile processo.

Questo era un processo che si sarebbe potuto chiudere in tempi brevi. E’ una cosa lampante, mia figlia è morta arsa viva e noi vogliamo giustizia. Se i responsabili verranno condannati credo che ricorreranno in Cassazione, io giuro che non starò zitta, mai e fino alla fine.

A parte il clamore iniziale, poi sembra essere calato il silenzio su questa storia.

Io e la mia famiglia siamo sempre stati contrari al clamore mediatico, spesso abbiamo evitato di rilasciare interviste malgrado le pressanti richieste. Volevamo solo che la giustizia facesse il suo corso. Oggi dico che abbiamo sbagliato, ma non è mai troppo tardi per rimediare. Il giudice ha dichiarato che prima che arrivi la prescrizione darà la sentenza. Lo speriamo.

Adesso aspettiamo l’udienza del 27 gennaio. Spero che anche i magistrati si passino una mano sulla coscienza, io non metto in dubbio il loro operato e la loro integrità, però dobbiamo fare presto. Chi ha sbagliato deve pagare, senza sconti, se è vero che la legge è uguale per tutti.
Io non riavrò mia figlia, ma questo glielo devo.
Sa cosa mi fa più orrore? Che qualcuno si possa essere accorto dell’errore e non si sia attivato immediatamente per tentare di rimediare. Entro qualche ora si sarebbe potuta tentare una sorta di emodialisi, forse Valeria si sarebbe salvata. Non si gioca con la vita delle persone.

Resta una famiglia che chiede giustizia e un bambino che sta crescendo senza sua madre.

Il bambino aveva 7 mesi quando la mamma ci ha lasciati. Oggi lui ha 8 anni, ma non ha mai smesso di cercare sua madre. Ricordo che quando aveva tre anni mi chiese “nonna ma la mamma dov’è”, “è in cielo e ti guarda sempre”, allora lui mi rispose “sai cosa facciamo, prendiamo un razzo e la andiamo a trovare”.
E’ un vuoto incolmabile che segnerà per sempre la sua vita, piange spesso chiedendo di Valeria e manifesta il desiderio di volerla abbracciare, di parlarle e il nostro dolore diventa ancora più immenso perché possiamo dare tutto a lui, ma la sua mamma purtroppo no. Ed è la sola cosa che vorrebbe.

Domani Valeria avrebbe compiuto gli anni.

Domani è il suo compleanno e andrò a trovarla al cimitero come ormai faccio da anni, faremo una cerimonia per ricordarla, mentre nel pomeriggio a Palermo ci sarà una fiaccolata che partirà alle 16:00 dalla stazione centrale per concludersi davanti il Municipio.

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