Wet market: l’inferno degli animali e il paradiso per i virus letali
Un commercio barbaro e disumano, che risulta oltre che anacronistico, scandaloso per l’assenza di rispetto nei riguardi di creature viventi e pericoloso per la salute pubblica.
Si tratta della vendita di animali vivi presso i mercati cinesi (ma lo stesso avviene anche in Vietnam, India e altri Paesi asiatici e in diversi mercati africani) – e in particolare nella città di Wuhan (epicentro del contagio globale del Covid 19), che su specifica richiesta del cliente di avere carne “fresca” gli animali vengono uccisi in strada, macellati e direttamente consegnati all’acquirente.
Wet market vuol dire “mercato umido”, perché sangue, viscere e squame bagnano i pavimenti dove sorgono le bancarelle.
In questi luoghi gli animali vengono tenuti in prigionieri all’interno di gabbie anguste e sporche, vivendo le ultime ore di vita nel terrore. Si tratta di esemplari molto variegati: dai cuccioli di lupo a cani, gatti, anatre, uccelli, procioni, coccodrilli, civette, cinghiali, pipistrelli, cammelli ed altre specie. Un vero e proprio campionario degli orrori che, secondo molti esperti, potrebbe essere una delle cause scatenanti del corona virus in tutto il pianeta, tenuto conto che si tratta spesso di animali selvatici e non controllati.
Il recente video trasmesso dalla CCN (lo trovate a fine articolo) è una testimonianza crudele e precisa del grado di pericolosità di questi mercati che sono il punto di partenza di tante infezioni pericolose e non parliamo soltanto di Covid19.
Nel 2003 proprio da questi luoghi partì la diffusione della sindrome respiratoria acuta, la SARS, che provocò la morte di oltre 700 persone su oltre ottomila contagi registrati. E ancora nel 2013 l’influenza aviaria (N7N9 e H5N9) si è diffusa dal mercato degli uccelli vivi in Cina. I morti furono oltre 1.500 persone in tutto il mondo.
Ricordiamo che il virus Covid19 è stato isolato per la prima volta in un mercato di Wuhan, città della Cina Centrale. L’agente patogeno potrebbe essere stato trasmesso all’uomo da animali vivi venduti lì.
Dopo l’esplosione della pandemia, gran parte di questi sono stati solo temporaneamente sospesi in attesa che la situazione ritorni alla normalità, ma torneranno ad essere operativi dato che la Cina ne ha disposto solo la momentanea chiusura.
Il mercato ittico di Wuhan probabilmente sarà smantellato, ma proprio in questi giorni altri stanno già tornando in attività, seppur su scala più piccola.
Sharon Chen, corrispondente dalla Cina di Bloomberg, ci spiega come “le autorità hanno mantenuto il divieto di vendere specie insolite o esotiche come pipistrelli e pangolini, così come deciso diverse settimane fa, ma sono le operazioni tipiche di questi mercati a destare preoccupazione. Gli esemplari vengono infatti macellati sul posto, senza precise precauzioni, perché la gran parte di questi mercati non dispone di energia elettrica sufficiente per alimentare frigoriferi e, in alcuni casi, anche di acqua corrente”.
E’ notizia di qualche settimana fa sulla stampa internazionale che le ispezioni effettuate hanno confermato l’assenza di guanti e altre protezioni per gli addetti alla macellazione, tanto che si sospetta che l’infezione da coronavirus sia avvenuta proprio per contaminazione delle mani e del trasporto del virus sul volto.
La notizia della possibile riapertura di altri mercati ha ricevuto la disapprovazione unanime di molti esperti internazionali che, sin dall’inizio della pandemia, hanno chiesto alla Cina di vietare questo genere di commercio in tutto il Paese. Anche molti cittadini cinesi stanno chiedendo la sospensione di queste attività e in tutto il mondo sono partite numerose petizioni on line.
Animal Equality ha lanciato una campagna internazionale chiedendo alle Nazioni Unite di vietare immediatamente e ” permanentemente i wet market in tutto il mondo. Sono state raccolte oltre 200 mila firme, di cui oltre 100 mila solo in Italia. È chiaro che la comunità pubblica si sta esprimendo in favore di un divieto di questi mercati, e le voci di così tante persone non possono essere ignorate.
Il pubblico e gli esperti hanno parlato: i wet market sono un inferno sulla Terra per gli animali e sono una minaccia per la salute umana. Devono essere chiusi immediatamente.
L’idea che oggi possa essere permesso ancora di svolgere attività simili è raccapricciante e nulla ha a che vedere con le tradizioni e con il loro rispetto. Perché ad essere calpestate sono delle vite e la dignità di esseri viventi, trattati come se non provassero sofferenza e dolore e viene messa a rischio la salute pubblica. E se fosse appurato, senza ombra di dubbio, che tutto sia partito davvero da quei luoghi, la Cina avrebbe delle responsabilità incommensurabili nei confronti dell’umanità tutta. Responsabilità non facilmente sanabili che richiederebbero misure eccezionali, la chiusura all’ingresso negli altri Paesi di cittadini e merci provenienti da tutto continente asiatico.
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